La piccola cittadina di Bormio, è il gioiello dell’Alta Valtellina e da decenni richiama turisti da tutto il Nord Italia, ma anche dalla vicina Svizzera, dalla Germania e dalla Russia.
Secoli fa, Bormio si distingueva nel complesso panorama italiano per essere una contea ricca e prosperosa, un passato che ancora oggi è ben leggibile nelle testimonianze disseminate tra le cinque contrade in cui è suddiviso il paese.
Il liber stratorum, risalente al 1304, rappresenta il più antico documento dello sviluppo urbanistico di Bormio e mette in evidenza le uniche due grandi aree occupate a quei tempi: l’area di Piazza del Kuerc e quella attorno alla Chiesa di Sant’Antonio, nel quartiere Combo. Oggi vorremmo parlarvi di questi e di altri simboli che caratterizzano Bormio.
Partiamo dall’inizio dell’area pedonale di Via Roma: lungo la via principale pavimentata da sampietrini e costeggiata da antiche case in pietra, si incontra subito una chiesa che non sempre è aperta al pubblico. Si tratta della Chiesa di Santo Spirito, la cui costruzione risale all’ XI secolo (è una delle più antiche presenti in Bormio).
Questa piccola chiesa è stata sconsacrata all’inizio dell’Ottocento dopodiché fu abbandonata per divenire dapprima un fienile, poi un deposito d’attrezzi, un dormitorio e infine un’abitazione privata. Il Comune di Bormio l’ha recentemente acquistata e restaurata. La struttura esterna è molto semplice e ancora oggi è ben visibile il rosone sotto il quale si apriva il portale per accedere alla chiesa. La parte interna è costituita da un’unica navata con volta a botte, molto semplice ma al tempo stesso impreziosita da numerosi affreschi risalenti al XIV e XVI secolo.
Proseguendo lungo via Roma si arriva in una piazza: piazza del Kuerc (che in dialetto bormino significa “coperchio”). Questo luogo risale al XIV secolo, nel pieno dell’autonomia bormina, e proprio qui si tenevano le adunanze e si amministrava la giustizia, si affiggevano alle colonne i decreti e le sentenze.
Sono caratteristici gli antichi doccioni a forma di drago che sporgono dalla gronda.
La struttura fu completamente distrutta nel 1855 da un incendio che fece perdere l’originaria capriata con travi a tortiglione fatte in cembro.
Sul retro si legge una scritta a testimonianza dell’antico passato di Contea: Libertate quam maiores peperere studeat servare posteritas (i posteri si impegnino a conservare la libertà che gli antichi conquistarono).
Dietro la piazza si erge la Torre delle Ore conosciuta anche come Bajona. Questo nome deriva dalla grande campana che un tempo era collocata all’interno della torre. I rintocchi di questa campana servivano a convocare le adunanze popolari: la campana era talmente grande che poteva essere sentita a grande distanza, raggiungendo le vallate circostanti. Inoltre, la campana suonava anche in occasione delle feste popolari, di incendi o di invasioni nemiche. La leggenda narra che con l’avvicinarsi delle truppe viscontee, ormai prossime all’invasione, per la gran foga con cui venne fatta suonare per ore, cadde dalla torre frantumandosi.
Le campane attualmente presenti sono ricavate dalla fusione di quell’unica enorme e antica campana.
Sulla sua facciata, oggi completamente restaurata, è possibile ammirare una meridiana e un affresco raffigurante l’antico stemma del Comune di Bormio.
Spostandosi verso il torrente Frodolfo, si incontra l’antico Ponte di Combo. Nel 1300 era l’unica via di entrata e uscita da Bormio per tutti coloro che giungevano dalla Repubblica di Venezia attraverso il Passo Gavia. Qui infatti era situata una dogana.
Venne restaurato nel 1771, ma queste operazioni hanno mantenuto perfettamente la struttura originaria. Sulla sommità del ponte sono situate due edicole votive, una di fronte all’altra: sono raffigurati San Giovanni Nepomuceno e il trasposto della Santa Croce nella cittadina spagnola di Bellpuig.
Proseguendo oltre il Ponte di Combo, girate a sinistra e, dopo una breve salita, vi ritroverete davanti la Chiesa di Sant’Antonio (o del Santissimo Crocifisso di Bormio – nome derivante dalla reliquia posta all’interno). Costruita nel 1356, la chiesa si presenta con una facciata a capanna arricchita da due lesene laterali.
Anche l’interno della chiesa è molto semplice: una navata sola e il presbiterio a pianta quadrata. Gli affreschi risalgono al XVII secolo.
Una delle leggende sul Santo Crocifisso custodito in questa chiesa narra che fosse opera di un pastore che viveva sul monte Reit (la maestosa montagna alle spalle di Bormio) e che, nel realizzarlo, lo abbellì con la propria barba e i propri capelli.
La devozione popolare per il Santo Crocifisso è testimoniata anche dalle numerose tavolette ex voto conservate nella chiesa.
Come potrete notare dai nostri racconti, Bormio non è solo una località turistica dove andare a sciare o a rilassarsi nelle sue rinomate terre. E’ una terra ricca di storia, leggende e tradizioni. Ogni casa, ogni portone di legno, ogni pietra ha una storia di raccontare e non c’è niente di meglio che scoprire i segreti del nostro splendido Paese.
Caspitina, quest’articolo cade a pennello. A fine Febbraio andrò a Bormio per rilassarmi e così unirò, diciamo, l’utile al dilettevole. Ciaoo Bea
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Ciao Bea!andrai alle terme?
Nel caso, non perderti il nostro prossimo articolo mercoledí perchè parleremo proprio di quello 🙂
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Uauh!! almeno vivrò anch’io le vostre stesse esperienze. ciaooo
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Dalle foto sembra un posto veramente incantevole. Mi piace l’atmosfera che traspare dalle foto.
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La luce “post-tramonto” contribuisce a rendere Bormio ancora più magica! Mancava solo la neve…che è arrivata durante la notte 🙂
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